«C’è bisogno di luce in via Inganni, più luce». A parlare è Stefano Daccò. Sono ormai passati più di vent’anni da quando ha rilevato la cartoleria di via Inganni, la famosa “Scala”, in attività dal 1955 e per questo oggi inserita nell’elenco delle Botteghe storiche di Milano. Lui è del Corvetto, in Giambellino-Lorenteggio ci è arrivato quando «era giovane». Gli si era presentata questa possibilità e con la cugina ha deciso di investire tempo e denaro in un quartiere “lontano”. Sono entrati «in punta di piedi», ma con il passare degli anni hanno imparato a conoscerlo e a farsi conoscere.
Stefano, infatti, è uno di quei cartolai di Milano che ha accettato di anticipare le cedole librarie ai bambini delle scuole elementari del comprensorio, permettendo loro di arrivare, il primo giorno di scuola, con tutti i libri nello zaino. Un sacrificio per lui, perché il gap tra la vendita e l’incasso della cedola, può arrivare a toccare anche i novanta giorni.
Una salvezza per chi non si può permettere di comprare ai propri figli neanche una gomma, «perché si vede anche questo», racconta Laura, madre di Stefano e aiutante inesauribile.
Ora che ci sono sempre più bambini stranieri, sta sorgendo un altro tipo di problema. Quello della comunicazione con i genitori, perché non parlano bene l’italiano o, in alcuni casi, sono analfabeti e tocca al figlio fare da mediatore. Trovare un cognome arabo nel lungo registro del negozio si è trasformata in un’impresa ardua. «Ci sono volte in cui farebbe comodo un interprete», dice Stefano tra il serio e il faceto.
Laura racconta che la dimensione è quella del negozio di paese, forse prima anche di più. Il loro rimedio contro la chiusura delle altre saracinesche è la massima apertura verso i clienti. Se c’è bisogno di un libro particolare, di un quaderno che non è in magazzino, di un gioco in scatola, persino di un accendigas, Stefano è sempre pronto a salire in macchina e ad andare fino dall’altra parte della città pur di non tagliare quel filo sottile che lo lega alle persone che entrano nel suo negozio. «È un impegno che mi sono preso e lo porto fino in fondo».
Così come quello di andare incontro alle insegnanti di sostegno della Scuola primaria Don Gnocchi, con cui è attiva una collaborazione per la fornitura di materiale mirato alle esigenze dei loro alunni. Una convenzione era stata istituita qualche anno fa anche con la scuola professionale Galdus, prima ancora che venisse inventata la formula dell’alternanza scuola-lavoro. Laura ricorda una ragazzina mandata da loro per punizione. «Be’ si è rivelata essere un’ottima aiutante, forse la più brava».
Agli occhi di Stefano, in vent’anni il quartiere è mutato parecchio: il lento ricambio generazionale è andato di pari passo con l’aumento della popolazione straniera. Ma anche il boom dei centri commerciali e di internet hanno contribuito a costruire il muro di diffidenza contro cui ogni giorno finiscono per scontrarsi lui e la mamma. Negozi, chiusi, luci che si spengono, sempre meno gente per strada, spazi tenuti vuoti da una burocrazia a volte incomprensibile, agli occhi di chi vorrebbe semplicemente fare il proprio mestiere. Se potesse Stefano, per esempio, durante i mesi di agosto, settembre e ottobre, quando il magazzino esplode di libri, affitterebbe volentieri la vetrina accanto alla sua. Eppure le pratiche per poterlo fare sembrano insormontabili.
«Non arriviamo a ghettizzare i quartieri», è questo il suo appello. Per non farlo c’è bisogno di luce, appunto, vita, negozi aperti. E il suo rischia di rimanere l’ultimo tra una lunga sfilza di bar.