Le Compagnie Malviste avremmo potuto incontrarle a “5 miglia da Milano” (festival di arti sceniche a Quinto Romano, ndr), mentre cercavano di coinvolgerci a diventare protagonisti in spettacoli teatrali, concerti e performance sul palcoscenico delle periferie in cui viviamo. O forse in un bar, in un luogo qualsiasi arrangiato a “teatro fragile”, impegnate a maneggiare con cura l’isolamento e le delicatezze dell’Alzheimer attraverso laboratori di espressione artistica. Potremmo esserci fatti trascinare al di fuori delle nostre case e delle nostre certezze, oppure potremmo averle scambiate per una specie di gita sociale, un carnevale di singolarità e imperfezioni da osservare con superiorità e un pizzico di acredine. Da dieci anni sono impegnate nella diffusione della pratica del teatro di comunità come veicolo per la coesione sociale e motore dell’economia tutta.
«A Milano – spiega Alessandro Manzella, regista – sono molti i servizi utili ed efficienti per affrontare problemi e fragilità individuali, che però ci educano ad affrontare le questioni per compartimenti a silos. Vanno bene, ma finiscono per produrre in ciascuno di noi, individualmente, un senso di solitudine e isolamento». Per creare una risposta collettiva e comunitaria a questa criticità, le Compagnie Malviste, avvalendosi di un gruppo di lavoro eterogeneo e interdisciplinare – capace di muoversi dal campo dell’arte a quello della medicina e della psicologia, da quello artigianale e di produzione materiale a quello della progettazione architettonica e urbanistica – sperimentano lo strumento del laboratorio teatrale.
Ritualità, corpo e voce, diventano così uno spazio di relazione che possiamo esplorare da diversi punti di vista, per riposizionare noi stessi nei confronti dei nostri gruppi di appartenenza e dei luoghi che abitiamo. Le Compagnie Malviste, che tra le attività offrono laboratori dal titolo “Comunità e quartieri”, si propongono dunque come attivatori e facilitatori nell’ambito di processi di rigenerazione urbana, con approccio a base sociale e culturale. «Abbiamo imparato – continua Alessandro – che l’ascolto e il teatro sono mezzi efficaci per socializzare, per trovare il proprio spazio, per affrontare le proprie responsabilità e per immaginare la città. Non solo in senso teorico, ma concretamente!».
Potremo incontrarle al Parco delle Cave, al fianco di Legambiente Lombardia mentre si prendono cura del prato ripulendolo dai rifiuti. Oppure a Quinto Romano, impegnate nell’allestimento di una falegnameria di quartiere insieme all’Associazione di architetti Asisa. O magari mentre seguono il processo di costituzione del nuovo Comitato di Quartiere di Quinto Romano, insieme a un gruppo di residenti e alla Cooperativa Edificatrice Degradi. Ovunque sarà, lasciamoci affascinare mentre sconfinano tra un quartiere e un altro come gesto di passione e responsabilità, che fa del teatro un’opportunità di ricerca locale.